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PREMIATA FORNERIA MARCONI "Live Piazzale Tre Secoli Ricaldone AL 27-07-25"
(2025)
La scrivo? No, non la scrivo. Ma si, la scrivo. Non lo so. Forse la scrivo.
Non ci è dato sapere perché Alessandria e i suoi dintorni vadano matti per il rock progressivo. Di certo non sono i lidi preferiti dallo scrivente, che si trova a suo agio in ben più lugubri scenari, ma la vicinanza dal palco aiuta e non poco a timbrare il cartellino, anche questo giro.
Lo so, se rileggo gli ultimi report fatti, l’incipit risuona praticamente nello stesso modo… che ci volete fare.
Però, è bene ricordarlo, “L’isola in collina” festeggia i suoi primi 30 anni di vita, traguardo ammirevole per un festival nato quasi improvvisato, ma capace di crescere di anno in anno.
Premiata che propone un concerto diviso quasi in due, ovvero i successi della ditta e, nella seconda parte, spazio a De Andrè nell’ormai consueto omaggio al cantautore genovese.
Si apre con un’introduzione strumentale dal recente “Ho sognato pecore elettriche”, per darci subito una bella dimostrazione di cosa significhi progressive rock.
Come al solito, la PFM si presenta sul palco con una tribù di qualità e quantità (sette in tutto). Spiace non vedere Flavio Premoli (sarà di nuovo presente per il tour autunnale), ma Franz Di Cioccio, Patrick Djivas e Lucio Fabbri, soprattutto, sono artisti che non sbagliano una virgola.
“Suonare suonare” e “Maestro della voce” sono pezzi storici della band, e quando parte “La corrozza di Hans” arriva il primo vero e irrinunciabile must.
Il pubblico? Ha superato la maggiore età, potremmo dire. Nonostante questo, partecipa con tutto il suo calore e con la capacità di mettersi in gioco ai richiami di Franz Di Cioccio, che ad ogni fine canzone grida un “Tutta la band!!!” per chiedere un applauso ai musicisti. Ed è un richiamo giusto e doveroso, perché solo osservando la PFM sul campo si capisce quanto siano fondamentali i contributi di tutti.
A metà concerto parte l’inno di questi pionieri della musica prog, e con le note di “Impressioni di settembre” si ascolta un pezzo senza tempo (dobbiamo ammettere che senza il moog di Premoli, qualcosa però manca, in effetti).
Patrick Djivas prende il microfono per spiegare quanto la musica classica abbia significato molto per la band. È qui che parte una delle porzioni più interessanti dello spettacolo, quando la “Danza dei cavalieri” di Sergei Prokofiev viene riletta in chiave rock (a proposito, complimenti alla PFM per non essere caduti nella stupida censura che sta imbruttendo il nostro Paese).
Poi scatta l’ora di Faber con “L’infanzia di Maria”, “Bocca di rosa”, “La canzone di Marinella” e “Zirichiltaggia” (un tempo cantata da Franco Mussida).
“BRANCA BRANCA BRANCA… LEON LEON LEON” è l’urlo di Di Cioccio che anticipa “Volta la carta” e poi una bella esecuzione de “Il pescatore”.
Pochi minuti di pausa e il rientro in scena è per “E’ festa”, dall’album d’esordio “Storia di un minuto”. Applausi corali per una band che è sempre più bella dal vivo che su disco (è un complimento, si precisa).
TESTO E FOTO: GIANMARIO MATTACHEO