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17/04/2024
PIER GONELLA
Il chitarrista e produttore italiano è ufficialmente entrato nel Guinness dei Primati per aver pubblicato il maggior numero di album

17/04/2024
MARIO BIONDI
Il singolo ''E tu come stai?'', celebre cover di Claudio Baglioni, anticipa il suo nuovo E.P.

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news - rassegna stampa

01/01/2022   LA TOP 25 DEL 2021!
  I migliori album dell'anno appena trascorso, secondo il nostro ''super redattore'' Manuel Maverna

Carissimi, bentrovati.

Dal mio finto impero anagrafico di ex-boomer, oramai proiettato oltre verso un meraviglioso declino, ogni tanto mi interrogo – parlando di musica – su cosa piaccia e cosa no, su cosa sia “importante” e cosa no: è davvero questo che conta?

Mia figlia – 15 anni tra pochissimo – mi mette pressione, e mi fa: “Papà, il disco dell’anno è chiaramente quello dei Maneskin”.

Le rispondo di no, e cerco di spiegarle il perchè.

Ribatte che il fatto che un disco ti piaccia o no in fondo stia solo nell’orecchio di chi lo ascolta e non in tutto quello che ci gira intorno, tipo che i Maneskin sono iperprodotti o che facciano roba vecchia o che non abbiano inventato niente.

Le rispondo che no, non è proprio così, e che stando alla sua opinione Lucrecia Dalt se la filerebbero davvero in pochi, mentre invece è un’artista importantissima anche se fa musica così difficile che raggiunge l’orecchio di ben poca gente.

Replica che non ho centrato il punto, anzi: vuol dire che a me può piacere Lucrecia Dalt anche se non piace al resto del mondo, sta solo nel mio orecchio e non in quello che ne pensano gli altri.

Incasso e accetto la sua considerazione, perchè in effetti io amo Emilie Zoè e saremo sì e no cinquemila in tutto.

Dico che quindi anche se quello dei Maneskin è il suo disco delll’anno, può non essere il mio.

Insiste affermando che dunque anche il mio disco dell’anno può essere solo mio.

La chiudo all’angolo: “Perchè allora dovrei eleggere come disco dell’anno un disco che piace a te e non a me?”

“Perchè i Maneskin hanno fatto rinascere il rock in Italia. E’ un disco importante, anche se non ti piace, anche se quello che fanno è già stato fatto un sacco di tempo fa”.

Per ora la finiamo in pareggio, non prima che lei abbia citato con mio sommo orgoglio: “Devo andare al cesso, ma questa la continuiamo”.

Poi, per associazione di idee non del tutto lineare, penso che in questo 2021 ben due canzoni di CCCP/CSI (sempre siano lodati, a prescindere) siano finite coverizzate addirittura sul palco dell’Ariston (dico: a Sanremo!) e che nel tanto nazionalpopolare e vituperato carrozzone di X-Factor Manuel Agnelli (sempre sia lodato, a prescindere) abbia buttato in faccia agli astanti – gente che ascolta trap, Tiziano Ferro o Miley Cyrus (sempre sia lodata, a prescindere) – pezzi di Interpol, Nine Inch Nails, XTC e Pixies, e che perfino Emma Marrone abbia affidato al problematico ventenne gIANMARIA un altro brano di Ferretti/Zamboni. Un po’ massacrato dalla riscrittura, ma non importa.

Ecco, in tempi di carestia forse poco conta il come: qualcuno ha sollevato il velo sparando in faccia al popolo certi mostri sacri dei quali ignorava l’esistenza. E magari in questo momento un diciassettenne sta (ri)scoprendo i Verdena o i Mercury Rev.

E’ questa la cosa importante dei tanto nazionalpopolari e vituperati (o idolatrati) Maneskin, sui quali ognuno di noi ha oramai pensato e detto la sua. Fanno cose vecchie come il mondo? Amen.

L’importante è che lo stiano facendo, lasciate perdere tutto quello che ci gira intorno.

Almeno non scorderemo che esistono ancora le chitarre e che esiste ancora quel tipo generico di musica anticamente chiamato “rock”, oggigiorno roba relegata negli archivi storici alla voce “secondo millennio, sezione Europa (ed oltre)”.

Cosa piace e cosa no, cosa è “importante” e cosa no: è davvero questo che conta?

Intanto, il disco dell’anno di chitarre ne ha da vendere.

Al mio orecchio questo basta e avanza, e forse mia figlia un po’ di ragione ce l’ha, anche se la discussione è tutt’altro che chiusa: siate pur certi che questa la continuiamo.

Statemi benone, alla prossima.

Manuel


1. VINTAGE VIOLENCE - "Mono"
Quattro tizi di lungo corso che ti guardano dritto in faccia, senza filtri e coperture, senza fronzoli e orpelli vari, senza nascondersi dietro chissà quali abiti di scena, ermetismi assortiti, finezze cervellotiche o altro. Non urlano, non sbraitano, non sommergono canzoni sotto valanghe di rumore, nè le spogliano fino alla letargia. Se la cantano e se la suonano come fosse la cosa più semplice del mondo. Ah: sono tanto indie, ci tenevo a dirlo. Tutto qui.
(brano migliore: ''Astronauta'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

2. THE BLIZZARD SOW - "Foggy songs for the first periods"
Sontuoso numero di illusionismo ordito da un duo immaginario che forse neppure esiste. Come la loro musica, che è un trucco mascherato da trucco, un sistema di scatole cinesi, una matrioska che può esploderti tra le mani, un pastiche ipnotico capace di materializzarsi o dissolversi tra le nebbie artificiali in cui ti lascia a vagare. Non c'è nulla di chiaro, non c'è nulla di certo, ma è bello perdersi.
(brano migliore: ''Daddy has drunk the sea'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

3. a/lpaca - "Make it better"
Post-tutto frenetico e stordente, nascosto da muraglie di rumore mentre la voce fa capolino tra riverberi, echi, distorsioni ed il caro vecchio feedback che sempre ci innamora. Parecchio insolito - quasi incredibile, amisci - che a farlo sia una band mantovana, pure se a tratti sembrano degli Strokes strafatti o i Bauhaus redivivi. Un incessante, soffocante, martellante litania distorta offerta con apparente nonchalance.
(brano migliore: ''Inept'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

4. JERUSALEM IN MY HEART - "Qalaq"
Musica apolide senza appigli nè confini, meticcia ed impaurita come un esule, un rifugiato, un fuggitivo. Un lungo brivido impregnato di echi e suoni imbastarditi, frementi, tremanti. Melodie spezzate e ricomposte vagano tra suggestioni etno ed elettronica cangiante in un quadro a tinte forti dipinto da molte mani. Quelle dei molti collaboratori prestati alla causa, a donare colore a trame complesse, tese, raffinate.
(brano migliore: ''Tanto'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

5. SØREN - "Ultima necat"
Al fin della licenza non c'è proprio un bel niente. Ma qualcosa rimane, tra le pagine scure e quelle scure di uno sparuto drappello di anime perse che vergano un testamento senza eredi. Canto del cigno nero mentre tutto crolla e va in pezzi. Fine della corsa, con rancore ed anche di più. Giusto il tempo di un addio. Oltre la siepe, è notte fonda.
(brano migliore: ''Everything is falling apart (so below as above)'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

6. SORRY, HEELS - "She"
Una meraviglia in noir che sembra ripescata alle origini del noir stesso, col basso che si erge a protagonista assoluto di una piece post-punk o vetero-dark come ai bei tempi andati. Voce femminile suadente e profonda, buio pesto, ombre lunghe e sinistre, un senso quasi soffocante di incombenza steso come un sudario su brani che evocano antichi splendori.
(brano migliore: ''She burns'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

7. SCHIAMAZZI – "Schiamazzi"
Faber - che di sicuro vive ancora, fosse anche soltanto nell'anima triste di molti di noi - apprezzerebbe di sicuro l'aura nera e malsana in cui il suo concittadino avvolge canzoni permeate di un umorismo tetro e di una continua riflessione perversa sulle tante piccole miserie della vita tout court. In diciotto minuti va in scena tutto quello che c'è da sapere sul qui e ora. Avviso: non porta in dote la buona novella.
(brano migliore: ''Distruzione di Marta'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

8. JOSEPH PARSONS - "At mercy's edge"
Sei tutto il folk-rock di cui ho bisogno, mio caro, altro che avanguardia ed esperimenti. Che ogni tanto bisogna anche rilassarsi un po' e godersi quelle canzoni fatte di quattro accordi e una bella cassa dritta, col vocione da crooner e l'accento da americano in trasferta. Fa solo bene al morale e ti risolleva certe giornate che vorresti finissero in fretta: easy, no?.
(brano migliore: ''Greed on fire'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

9. LASTANZADIGRETA - "Macchine inutili"
Colto e cerebrale senza suonare troppo colto e cerebrale, questo è il vero prodigio di un gruppo a sè che fa musica a sè con una strumentazione a sè. Ricco di idee, spunti, parole, opere e ammissioni, dipinge un bass paradis di piccola & grande umanità variegata, ritratta nella quotidiana corsa alla sopravvivenza. Elegantissimo, raffinato, raro esempio di canzone impegnata in veste popolare.
(brano migliore: ''Tarzan (quello vero)'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

10. VANESSA PETERS - "Modern age"
Suonala ancora, sweetheart, e poi di nuovo: graffiante e tenera quanto basta a ricordare ogni imperfezione del vivere comune, con pochi alti e molti bassi, business as usual. Lo sguardo sul mondo è sempre quello, affilato e tagliente: ma quando il tempo scorre lungo i bordi e quel mondo si rimpicciolisce, non fa male guardarsi allo specchio e fermarsi a parlare un po' con sé stessi.
(brano migliore: ''Crazymaker'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

11. LANDART - "Loud desire"
Impasti vocali, trame essenziali, fluidità carezzevole e garbata danno il benvenuto tra le mura solide e confortevoli di un piccolo mondo protetto e riparato. Dove si è liberi di spaziare in molte direzioni senza smarrirsi mai. La sensazione è quella di sentirsi al sicuro: non ci saranno sorprese sgradite, nessuno ti verrà ad importunare mentre ti godi il tramonto da una grande finestra sulla vallata.
(brano migliore: ''The cheater'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

12. LOS SIQUICOS LITORALEÑOS - "Los Siquicos cenan con Static Tics"
Una truppa di sbandati argentini e un duo olandese off partoriscono uno split in cui tutto va alla rovescia. Ritmi impazziti, (dis)armonie sbracate, vocalizzi sguaiati danno vita ad una rivisitazione visionaria del folklore sudamericano in salsa allucinata. Nel ritratto, il modello è sfigurato: eppure - non si sa come - sembra curiosamente normale e bellissimo.
(brano migliore: ''La situación'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

13. ANGELO SAVA - "Paura."
A volte ritornano per restare, ma chissà quanto. O magari per ripartire di nuovo verso un altro viaggio senza precisa destinazione. Dall'inferno a qui è un attimo, e chissà chi è Angelo Sava oggi. Forse sempre lo stesso di un tempo, forse un sosia, forse uno spettro tornato soltanto per spaventare chi abita le quattro mura in cui visse insieme ai suoi incubi. Che sono più reali che mai.
(brano migliore: ''Sissi'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

14. MAULGRUPPE - "Hitsignale"
Teatranti e mestieranti all'opera, venghino siore e siori al caravanserraglio di Jens Rachut & soci ad ammirare belve in cattività e furia ribollente. L'idioma tedesco aggiunge quella tempestosa aria marziale che rende il tutto sinistramente minaccioso e intimamente violentissimo. Piovono bombe e schegge di ruvida follia in una piece soffocante che intrattiene con la stessa leggerezza di un coltello alla gola.
(brano migliore: ''Oktober'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

15. COLONNELLI - "Iniezione meccanica continua"
Non starò più a cercare parole che non trovo per dirvi cose vecchie ad ogni disco nuovo di questi tre signori. Che riescono incredibilmente a sorprendere aggiungendo quel pizzico di violenza in più dove non pensavi che ce ne stesse ancora. Il confine è sempre un passo più in là, dove la luce finisce ed il sonno della ragione genera mostri. Spaventosi, sanguinari, crudeli. Enormi.
(brano migliore: ''Uomo morto nel mio letto'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

16. LEHNEN - "Negative space"
Delizioso trio austriaco che gioca con antiche vestigia dello shoegaze che fu, deflagra in anfratti noise, mischia le carte e muove le acque per tornare là dove tutto è iniziato. Anche senza spostarsi di un centimetro, ma riproponendo il canone con una virulenza ammaliante e disarmante. Musica a suo modo antica, ma ricreata con una perfezione che va ben oltre la devozione.
(brano migliore: ''Mute'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

17. TROND KALLEVÅG - "Fengselsfugl”
Musica trascendente per distendere i nervi, che di questi tempi è oro colato. Quaranta minuti strumentali fatti di tessiture impalpabili, arabeschi e ricami di una tale gentilezza che quasi nemmeno te l'aspetti, visto che tutti sbraitano e si urlano addosso. Caldo come un camino, una coperta o un cognac: medicina perfetta contro il logorio della vita moderna.
(brano migliore: ''Desember'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

18. Mr DIAGONAL - "North Pacific"
Un disco che è un film, un trionfo del nonsense venduto come un messaggio in bottiglia, e non per modo di dire. Musica desueta e demodè, morbida nelle sue contorsioni, funambolica nella sua corsa su un filo sottilissimo in bilico tra tutto e niente. Numero di illusionismo di una mente sontuosamente creativa, a metà strada tra cabaret e fiction, libera di vagare in un aeroplano sopra l'oceano anche solo con la fantasia.
(brano migliore: ''What do you do with a manioc?'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

19. ELISA MONTALDO - "Fistful of planets - part II"
Estro ed eleganza infusi in una prodigiosa alchimia che assembla progressive e neoclassica, contemporanea e jazz lieve. Lavoro opulento, di una tale intensità da farne dimenticare a tratti la complessità che lo anima. E' bello goderne lasciandolo fluire nella sua coinvolgente malìa, delicata e armoniosa come un incantesimo.
(brano migliore: ''Floating/wasting life (the grey planet)'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

20. SCHNEIDER TM - "The 8 of space"
Come scendere a patti senza snaturarsi, il gioco è fatto: dall'elettronica algida e sperimentale all'elettronica avvolgente ed accessibile il passo è tutt'altro che breve, ma il metodo funziona. Mai rinunciando al linguaggio di elezione, ma aprendo spiragli - anzi: porte - a derive varie, con incursioni in territori dove il confine è finalmente oltrepassabile.
(brano migliore: ''Lunar eclipse'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

21. CHARLIE RISSO - "Tornado"
Una voce angelica dipana il suo crooning fascinoso e flautato sulle ali di una musica morbida come il velluto. Sa essere avvolgente, ammaliante, profonda, ma lo fa con la semplicità di chi governa la barra del timone da navigatrice esperta. Un amore di disco che ti abbraccia e non ti lascia andare più.
(brano migliore: ''Tornado'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

22. GENEVIEVE MURPHY - "I don't want to be an individual all on my own"
Spoiler: questo non è un disco. O forse sì. Spoiler numero due: questa non è musica. Un po' sì, ma poca. Prevale l'intento scenografico, come una rappresentazione espressionista fatta di tanti piccoli racconti che confluiscono in una sola storia. E' una ricostruzione attraverso dettagli e memorie, fino all'epifania conclusiva. Ubriacante, spiazzante, emozionante se la si prende per il verso giusto.
(brano migliore: ''For them to fear us'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

23. SALVATORE MARIA RUISI - "Niente non rimane niente"
Che il cantautore di una volta sia specie oramai in via di estinzione, è assodato: fa dunque davvero piacere trovarne ancora in giro qualcuno, di quelli che sanno usare e dosare le parole. Tante parole, incastrate le une alle altre come maglie di una catena insieme a concetti, idee, pensieri. E tante cose da dire, mai banali o già sentite: sincere e dirette, questo sì.
(brano migliore: ''Gocce'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

24. AMUSEMENT PARKS ON FIRE - "An archaea"
Il momento è catartico, come queste arie inafferrabili sepolte sotto il manto di uno shoegaze d'antan. Ma personalizzato: scomposto e riassemblato in fogge inusuali, storpiato e rivenduto al miglior offerente rivestito di una patina di malinconia inscindibile dal contesto entro cui si divincola. Triste e sfuggente come il pianto di un bambino, un ricordo sbiadito, un'illusione svanita.
(brano migliore: ''Old salt'')
(recensione su Music Map: ''qui'')

25. NEVICA - "QuaNti"
Omaggio alla memoria di un padre che non c'è più. Senza rancore nè ridondante di tristezza, col cuore gonfio di appassionata devozione, di riconoscenza, di nostalgia. Disco umano fino al midollo, sincero e scoperto negli intenti, tributo intriso di sincero amore filiale, privo di filtri e grondante rispetto.
(brano migliore: ''Un piatto solo'')
(recensione su Music Map: ''qui'')